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[Tar Lombardia, Milano, sez. III, nn. 1570-1571/2013] Compartecipazione alla spesa nelle RSA e nuovo Isee

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Valmadrera (LC)

Le decisioni del Tar Lombardia nn. 1570 e 1571 dello scorso 17 giugno 2013 si segnalano per l’essere tra le prime pronunce amministrative successive alle sentenze nn. 296-297 del 2012, con le quali la Corte: da un lato – con la decisione n. 296 –  ha confermato la legittimità della legge con cui la Regione Toscana ha regolato l’accesso ad alcuni servizi agevolati mediante principi diversi – e in peius per gli interessati – rispetto a quelli imposti dalla normativa nazionale vigente (vale a dire, il d.lgs. n. 109 del 1998); dall’altro – con la pronuncia n. 297 – ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5 del c.d. decreto “salva Italia” (il d.l. n. 201 del 2011, conv. con modificazioni in l. n. 214 del 2011), nella parte in cui non ha stabilito che il d.p.c.m. per la revisione delle modalità di determinazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) sia adottato previa intesa con la Conferenza Unificata (per un commento alle menzionate decisioni, sia consentito un rinvio ad A. Candido, Liveas o non liveas. Il diritto all’assistenza e la riforma dell’Isee in due pronunce discordanti, in Giur. cost., n. 6/2012, p. 4615 ss., consultabile anche in Riv. AIC, n. 2/2013. Sul tema, cfr. anche E. Vivaldi, nel blog).

Nei recenti giudizi venuti all’attenzione del Tar Lombardia, i ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti con cui i Comuni di Valmadrera (LC) e Vignate (MI) hanno chiesto loro di contribuire al mantenimento dei rispettivi figli, disabili gravi, presso due strutture residenziali locali.

In entrambi i casi, i giudici amministrativi hanno annullato i predetti atti amministrativi, muovendo dall’art. 8 della l. reg. Lombardia 18 marzo 2008, n. 3, a norma del quale “nel rispetto dei principi della normativa statale in materia di indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), la quota di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e la quota a valenza sociale delle prestazioni sociosanitarie sono stabilite dai comuni secondo modalità definite con deliberazione della Giunta regionale in base ai seguenti criteri: […] h) valutazione della situazione reddituale e patrimoniale solo della persona assistita nel caso di accesso ad unità d’offerta residenziali o semiresidenziali per disabili gravi” (per una critica della normativa in esame, cfr. qui e qui). Secondo il Tar di Milano, gli assistiti per i quali è stato proposto ricorso rientrano nella categoria dei “disabili gravi” di cui all’art. 8, co. 2, lett. h), l. n. 3 del 2008, ragion per cui “il Comune non può richiedere un contributo a soggetti diversi da quelli indicati dalla legge regionale”.

Se tali pronunce lasciano ben sperare in relazione alla posizione di coloro i quali sono affetti da gravi disabilità (il discorso, ovviamente, riguarda la Regione Lombardia), resta invece irrisolto il problema degli anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti, in relazione ai quali, secondo la legge lombarda, la quota di compartecipazione alla spesa si determina non solo in ragione della situazione reddituale e patrimoniale dell’assistito (come vorrebbe la normativa nazionale), ma anche in ragione di quella del coniuge e dei parenti in linea retta fino al primo grado (cfr. art. 8, co. 2, lett. g, l. reg. Lombardia n. 3 del 2008).

A parere di chi scrive, quest’ultima previsione è di dubbia costituzionalità, stridendo con la legge cornice statale, costituita (ancora oggi, in attesa del nuovo Isee) dal citato d.lgs. n. 109 del 1998. In particolare, ci si riferisce all’art. 3, co. 2-ter, norma che fissa il principio guida in materia di compartecipazione al pagamento delle rette sui servizi de quibus: quello secondo cui, in relazione alle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni relative ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti e alle persone con handicap permanente grave, si deve tenere conto della situazione economica dei soli assistiti.

Tanto premesso, va tuttavia ricordato, come del resto non manca di fare il Tar di Milano, che, contrariamente alla – sino a poco tempo fa – pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. qui, qui, qui e qui), a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 296 del 2012, l’art. 3, co. 2-ter in questione non è più considerato un livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, idoneo a vincolare le Regioni ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m), Cost. Infatti, secondo il giudice delle leggi, in attesa della determinazione dei LIVEAS, le Regioni sono legittimate a legiferare nel modo in cui ritengono più opportuno: ciò significa, in assenza di risorse, frustrare l’indispensabile esigenza di uniformità nel godimento del diritto all’assistenza. E, in mancanza della perequazione finanziaria della spesa assistenziale, significa altresì lasciare le autonomie libere di disciplinare le prestazioni, i costi e le condizioni di accesso, con il rischio che vi siano forti disuguaglianze tra Regioni più e meno ricche.

Entro tale quadro si colloca infine l’art. 2, co. 1, del regolamento governativo sull’Isee in fase di approvazione, in relazione al quale nello scorso mese di giugno 2013 è stata raggiunta un’intesa tra Stato e Regioni in sede di Conferenza Unificata. A ben vedere, la previsione contrasta con la decisione n. 296 del 2012 della Corte costituzionale: in quest’ultima, l’evidenziazione della situazione economica dell’assistito non è considerata livello essenziale delle prestazioni; nel nuovo regolamento sull’Isee, invece, torna ad esserlo, tanto che così si dispone espressamente: «[l]a determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione».

Anche leggendo la relazione illustrativa alla predetta proposta governativa non paiono esservi dubbi di sorta. Infatti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel Rapporto Isee 2012 (dello scorso febbraio 2013), ribadisce che la considerazione dell’Isee quale livello essenziale è «già implicita nella definizione originaria di strumento di valutazione nazionale attraverso criteri unificati […]. Non si tratta pertanto di una innovazione sostanziale». Non solo: addirittura, il Governo richiama la prima delle sentenze (la n. 1607 del 2011, commentata nel blog da M. Massa) con cui il Consiglio di Stato ha annoverato tra i LIVEAS l’art. 3, co. 2-ter del d.lgs. n. 109 del 1998. Orientamento questo smentito dal giudice delle leggi con la decisione n. 296 (del dicembre 2012), cioè poco tempo prima rispetto alla pubblicazione della menzionata relazione illustrativa (del febbraio 2013).

Evidentemente, ancora oggi il quadro resta molto intricato e privo della necessaria omogeneità sul piano normativo e giurisprudenziale. A farne le spese, come spesso in questi casi accade, rischiano di essere le famiglie più sfortunate, chiamate a sopportare per intero il peso della non autosufficienza, in spregio alla logica che dovrebbe invece vedere uno Stato di diritto et sociale quale è il nostro battersi in prima linea sul fronte della solidarietà e dell’eliminazione delle disuguaglianze.

Alessandro Candido

Foto | Wikipedia.org



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